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a) Camarina nella letteratura

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Camarina nella letteratura greca e latina.

Di Camarina parla Pindaro (518-438 a.C.) nelle sue Olimpiche V e IV; di Camarina parlano Erodoto (490/480-430/420 a.C), Tucidide (460-404 a.C.), Polibio (210/203-128/121 a.C.), Diodoro Siculo (I sec. a.C.) e numerosi altri storici di cui rimangono purtroppo solo frammenti; Tito Livio (59 a.C.-17 d.C.) e numerosi altri storici latini minori. Numerose inoltre sono le fonti antiche sulla geografia della zona di Camarina, dallo Pseudo-Scilace (IV sec. a.C.) a Strabone (64/63 a.C.-24/25 d.C.), Plinio (23 d.C.-79 d.C.), Tolomeo (100 d.C.-170 d.C.) ed altri, tra cui il Lessico Suida (o Suda, del X sec. d.C.), che parla anche di un poeta Orfeo di Camarina (sulla tradizione orfica a Camarina, vedi oltre). Delle acque di Camarina e dell’Ippari parlano: Callimaco (320-240 a.C., fr. 43, verso 42), Ovidio (43 a.C.-17/18 d.C.) nei Fasti (relativamente alle peregrinazioni di Cerere dopo il rapimento di Proserpina), Silio Italico (26 d.C.-102 d.C.), Solino (III-IV sec. d.C.)[1], Nonno di Panopoli (IV-V sec. d.C.), Claudiano (370/375-404 d.C.), ed altri eruditi tra cui Vibio Sequestre (IV-V sec. d.C.). La tradizione del proverbio relativa al Non muover Camarina sul prosciugamento della palude è riferita da Callimaco (fr. 64), Virgilio (70 a.C.-19 d.C.) nel III libro dell’Eneide, Silio Italico, Luciano di Samosata (120-180/185 d. C.), in tre versi dell’Antologia Palatina (del I sec. a.C.), nel commento di Servio (V sec. d.C.) all’Eneide, in Stefano Bizantino (V sec. d.C.) negli Ethnikà, negli Oracoli Sibillini (fine V sec. d.C.), in altri eruditi ed infine anche nella Suida.

Ma ci sono altri detti, ad oggi poco noti, su Camarina. Ad esempio in una commedia di Aristofane (445-375 a.c.), Acarnesi, del 425 Camarina è indicata come un luogo sperduto in cui rifugiarsi, se si vuole sfuggire alla guerra, da parte di imboscati. Altri riguardano il modo di parlare dei Camarinesi, ma in contraddizione: un erudito di nome Macario Crisocefalo (IV sec. d.C.) riferisce che «i discorsi dei Camarinesi sono lunghi e vuoti», mentre Esichio (V-VI sec. d.C.) scrive che il proverbio «parla come un Camarinese» era inteso come «parlare in modo conciso, virile»[2].Tutti riferimenti che però attestano la fama della città, che appartiene al mondo classico e quindi al patrimonio culturale dell’umanità.

Si è già detto che dobbiamo a Pindaro la celebrazione in poesia di Psaumis, vincitore per due volte ad Olimpia. Originario di Agrigento, Psaumis, uomo della cerchia di Gelone, vinse nella gara con l’apéne, il carro a quattro ruote tirato da due mule (V Olimpica) e poi con la quadriga (IV Olimpica). Mentre gli studiosi antichi propendevano per due odi dedicate ad una singola vittoria (e altri addirittura negavano che fossero di Pindaro), una recente interpretazione di Liana Lomiento[3] pone la V Olimpica al 488 a.C. e la IV al 452 a.C.. Ma Psaumis non è l’unico atleta vincitore ad Olimpia: prima di lui, nel 528 a.C., il camarinese Parmenide aveva vinto nella corsa dello stadio nella 63ᵃ Olimpiade[4]. Ma c’è una cosa di Camarina che appartiene soltanto a Vittoria: la credenza di essere stata fondata per continuarne la vita. In verità tale credenza è comune anche a Santa Croce, che addirittura porta nel nome (derivato dal fondatore, il marchese di Santa Croce) l’aggiunta Camerina. Ma Vittoria, nata a poche miglia dalle rovine dell’antica città, ha un motivo speciale per sentirsi l’erede di Camarina. E tale “eredità” si basa sulla Foresta di Cammarana…

 

 

 

NOTE

1]Il quale riporta anche la tradizione dell’ordalia delle acque della Fonte Diana come mezzo per scoprire eventuali infedeltà femminili: in tal caso l’acqua non si mischiava col vino (tali ordalie sarebbero di origine sicula, secondo Eugenio Manni).   
2] Marina Mattioli, Camarina città greca. La tradizione scritta, Led 2005.
3] Pindaro, Le Olimpiche, a c. di Bruno Gentili, Carmine Catenacci, Pietro Giannini e Liana Lomiento, Fondazione Lorenzo Valla, Mondadori 2013
4] Luigi Moretti, Olympionikai, i vincitori negli antichi agoni olimpici, 1956

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