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a) La Costa di Scoglitti

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La Costa di Scoglitti nei documenti storici

Dopo l’età classica, un primo cenno alla zona fu fatto per la prima volta nella sua opera dal grande geografo arabo Edrisi o Idrisi[1], nel 1154. A lui dobbiamo il toponimo della Penisola dei Colombi (‘gazirat al hamam), oggi Scoglitti, distante 7 miglia (così scrive) da K.r.n.i., che Michele Amari (cfr. bibliografia) identifica con Cammarana, cosa che però mi permetto di correggere perché probabilmente sbaglia: la distanza tra Scoglitti e Cammarana è assai inferiore non è neanche di un miglio, mentre 7 miglia, cioè una decina di chilometri, coprirebbero meglio la distanza tra la collina di Cammarana e [ras] karani, cioè Capo Scaramia o Scalambri.

Altra traccia della zona nei documenti storici è data sempre da Amari (cfr. Istorie…pag. 267), che riferisce del naufragio della flotta di Roberto d’Angiò dopo la strage di Gulfi «presso li Scoglitti sulle rive di Camerina» a causa di una violenta libecciata, nel luglio del 1300, alla fine della guerra del Vespro, che avrebbe sparso sulla spiaggia decine e decine di cadaveri di soldati angioini. E’ questa la prima volta che nei documenti compare il toponimo Scoglitti (poi anche italianizzato in Scoglietti), assunto dalla caratteristica del tratto di mare, pieno di scogli[2]

I rapporti tra la Sicilia e la costa nordafricana furono conflittuali per secoli. Dal momento in cui gli Arabi conquistarono la costa del nord Africa nel VII secolo d.C., dall’Africa arrivarono solo minacce, culminate nella conquista araba dell’isola, iniziata nell’827 e protrattasi per decenni, fino al 902. Poi, con la conquista normanna alla fine dell’XI secolo, fino ai primi del XIV secolo fu la Sicilia a minacciare le coste nordafricane con violente incursioni, alternate a normali scambi commerciali. Dal 1399, con il sacco di Terranova, la situazione si rovesciò di nuovo e il pericolo divenne un incubo dopo la conquista di Costantinopoli nel 1453 ad opera dei Turchi. Ma fu dopo l’insediamento ad Algeri (dal 1517) e poi a Tunisi dei pirati barbareschi sostenuti dalla Sublime Porta (cioè l’Impero Turco) che si scatenò una vera e propria guerra, con improvvise e violente incursioni sulle coste, con saccheggi, violenze, distruzioni e cattura di schiavi da riscattare, quando possibile. Anche nella nostra zona parecchi infelici furono rapiti dalle loro case e fatti schiavi (per riscattarli il conte di Modica Federico I Enriquez Cabrera lasciò un fondo apposito nel suo testamento del 1538). Anche se la torre venne danneggiata nel 1582 dal terribile Ulucchiali, essa continuò a svolgere la propria funzione difensiva, ma forse più a guardia del grosso allevamento di anguille che si faceva nella palude, come lasciò intendere ironicamente Fazello. In verità dopo Lepanto (1571), la morsa si allentò un po’. Ma il pericolo fu sempre temuto. Ne è prova l’incarico che il viceré Colonna diede all’ingegnere fiorentino Camillo Camiliani, per scorrere tutte le coste della Sicilia ed individuare i punti deboli della difesa, soprattutto per verificare dove i barbareschi avessero la possibilità di ancorarsi e sbarcare indisturbati. Così Camiliani[3] descrive la costa degli Scoglietti nel 1583: «Territorio di Ragusa.

Passato questo fiume [il Dirillo], siegue la spiaggia simile all’antedetta con selve attorno ed al lito scoperta ed arenosa. Per lo spazio di sei miglia si trova la cala della Balata, la quale fa due ridotti. Il primo, abbracciato e circuito dalle rocche a guisa di mezzo cerchio, è alquanto pericoloso per esser lontano dal commercio e dalle abitazioni, sebben non si sa esserci ancora stato corsale, nè tampoco dannificato nessuno in quel commercio: ma nondimeno si vede molto pericoloso, ed è capace di quattro bergantini. Passato la punta, che divide la prima della Balata, viene un’altra del medesimo nome, perchè le rocche, che le sono intorno per alquanto spazio, non fanno spalla nè ridosso alcuno a dette cale, qual sarà della medesima capacità e grandezza. Poco più innanzi siegue un’altra cala detta del Cefaglione , la qual veramente è più pericolosa delle altre, capace di quattro galeotte; e la punta e scogli del medesimo nome, che le fanno spalla e riparo, la rendon molto più pericolosa e coperta delle altre. Maggiormente per esser quivi vicino un’altra cala del medesimo nome e maggior dell’altra, vi si potriano occultare sei galere, e per esser le spalle delle rocche molto scoscese e precipitose, talchè con difficultà i corsali ci possono sbarcare. Dalla detta cala per lo spazio di un miglio ed un terzo seguono le rocche conformi alle sopradette, e si chiamano le rupi degli Scoglietti, che son sette ridotti molto scoperti; e le rocche di quelli son percosse dal mare, quali levano la commodità al corsale, che non può accostarsi a terra, nè far danno alcuno; e tanto più che vicino al lito ci son pietre in copia, che apportano seccagne a quella parte. Il sito di questo paese è molto sterile e selvaggio, e non ci è commercio alcuno. Vedesi un sentiero fatto dalli guardiani, che scorrono quel lito; al fine delle quali rupi finisce una punta, che va declinando dal terreno e si conduce alla spiaggia di Camerana, alla cui fronte, lontano un tratto di fromba, vi veggono tre scogli, i quali stanno in forma triangolare e sono isolati e molto scoscesi, che a gran pena vi si potria montar di sopra; dalli quali le timpe passate pigliano il nome delli scogli qui detti. Questa spiaggia di Camerana dura per un terzo di miglio, la quale è tutta arenosa e scoperta…». Cefaglione[4], Scoglietti, Camerana: così i toponimi a fine Cinquecento. Ma per raccapezzarci meglio, ecco altre denominazioni antiche del tratto di costa (da Pace 1927) a cominciare dalla foce del Dirillo:  

  • «Forgia del Durillo -Maccia Tunna- Furgitella dell’Arciarito (è la piccola foce di un modestissimo corso d’acqua che nasce a qualche km dalla spiaggia, dalla fontana di Mangiauomini)
  • Punta di Safagghiuni (questo nome, tratto dalla pianta safagghiuni -Chamaerops humilis L.-, abbondante nella regione, trovasi per errore variamente riportato Grafaglione, Cefaglione, Zafaglione- [è la]Valata già ricordata da Camiliani
  • Scuogghiu Tunnu con piccola fonte sulla spiaggia
  • Punta Bianca = Punta Grande, Carta di St. Maggiore 1868
  • Punta Nìura= Punta Viga, Carta St. Maggiore 1868
  • Punta ‘i l’Ancili-Scoglitti:
  • Punta del Faro; Scalo; Scogliera dell’Arenella-Ciaramiraro-Palummara (Scuogghi ‘i fora)-
  • Maccuna ‘i Cammarana (sbocco dell’emissario del “Salito” prosciugato)-
  • Forgia ‘i Cammarana (a pie’ della torre a levante è ricordato il Ridotto del Corvo, sotto le rupi, dal Camiliani e dal Massa, II, p. 374)
  • Cammarana».

 

NOTE

1]Edrisi, Il Libro di Re Ruggero, Roma 1883.

2]La parola scugghitti, derivata da scuogghiu (comune nelle parlate della Sicilia sud orientale) dovrebbe indicare una vasta distesa di scogli piccoli. Però la forma del diminutivo in –ittu/itti, mi fa pensare ad un influsso del dialetto di Caltagirone, città che nei primi secoli del Mille controllava tutta la zona costiera da Gela verso Cammarana.  

3]Descrizione della Sicilia (1584), opera composta da Camillo Camiliani celebre matematico (in Opere Storiche inedite…per cura di Gioacchino Di Marzo, Palermo 1877, vol. XXV, pagg. 216-220).

4]Oggi Zafaglione, in dialetto Safagghiuni: altro non è che il nome della palma nana o palma di San Pietro Martire, scientificamente Chamaerops humilis, detta anche scupazza: oggi nota come Baia Dorica.

 

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