sabato, Luglio 27Città di Vittoria
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g) il Teatro comunale Vittoria Colonna

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Il Teatro Comunale “Vittoria Colonna”.

«La piazza centrale ha una chiesa barocca della stessa specie incontrata a Modica e a Ragusa, ma di più modeste proporzioni e, accanto a quella, un teatro di tipo neoclassico, uno dei migliori che in questo stile si possa vedere in Europa»: così scriveva Bernard Berenson (1865-1959) del nostro teatro1. Nonostante un secolo separi le due costruzioni, il prospetto del teatro si accosta in maniera mirabile a quello della Grazia, creando un unicum che da sempre è il logo più noto di Vittoria. La complicata storia della costruzione dell’edificio si intreccia con le vicende della città, della Sicilia e dell’Italia, perché la sua costruzione fu eminente questione politica sotto i Borbone e nell’Italia unita, come è dimostrato anche dal cambio di nome: da “Vittoria Colonna” a “Vittorio Emanuele” a “Vittoria Colonna” di nuovo. Il sito in cui fu costruito il teatro è il Piano della Grazia, dove si apriva una porta laterale della chiesa, e dove probabilmente si teneva la fiera franca di 8 giorni concessa agli Osservanti dalla contessa Luisa de Sandoval nel 1641, fiera che si teneva intorno alla terza domenica di agosto in onore della Madonna della Grazia. In seguito nel piano furono allogate alcune botteghe e tale presenza è ripetuta persino nella costruzione del nuovo edificio, con la previsione di vari locali per bottega a piano terra lungo la leggera discesa della via Garibaldi. Come si è già detto, questo edificio non fu il primo teatro della città (vedi par. 3d). Per la loro antichità però, tali locali (pure provvisti di un palcoscenico e di palchetti laterali), divennero sempre più fatiscenti e fu ben presto chiaro che era inutile intervenire con acconci e repari come si diceva allora, ma che occorreva costruire un nuovo edificio. Fu la famiglia Leni a farsi carico di dare alla città il nuovo edificio.
Il sindaco barone Gaetano Leni diede infatti un primo incarico all’architetto Salvatore Riga2 nel 1844, ma il tentativo fallì perché il Decurionato (il Consiglio Comunale) di Vittoria non riuscì a trovare un accordo sul sito migliore dove costruire il teatro. Dopo varie peripezie, nel 1851 un gruppo di sottoscrittori privati (tra cui il sindaco Franco Scrofani), ormai in polemica sia con la scelta dell’architetto Riga sia con quella del sito3, apparse troppo “governative”, indicò l’architetto Giuseppe Di Bartolo Morselli da Terranova (che stava dando ottima prova di sé nella costruzione della cupola di San Giovanni, costruita tra il 1850 ed il 1854) e come sito il Piano della Grazia, area di controversa proprietà, accanto alla chiesa della Grazia. Non presentatosi Di Bartolo Morselli, le autorità borboniche imposero prima l’ingegner Salvatore Toscano, di Modica (che poi ristrutturerà l’antica Cancelleria nei primi anni ‘60) e poi Francesco Sortino (Ingegnere Capo del Genio Civile di Siracusa), autore del progetto del teatro di Noto (1853-1857) e di quello della costruzione del molo nello Scaro di Scoglitti nello stesso 1853.
Bloccatasi la vicenda per il lungo braccio di ferro sul sito dove costruire il teatro (a vietare l’uso del Piano della Grazia intervenne persino il re Ferdinando II delle Due Sicilie), solo dopo l’annessione del 1860 si riprese la questione. Il Consiglio, sindaco Francesco Salesio Scrofani, deliberò di costruire il nuovo teatro il 5 maggio 1861 nel piano della Grazia. Di Bartolo Morselli, incaricato nel febbraio 1862, consegnò il progetto nell’ottobre 1863, ma non ebbe la possibilità di vedere né iniziata né realizzata la sua opera perché morì nel 1865. I primi tentativi di appalto del teatro andarono deserti per le dure condizioni imposte dall’assessore ai Lavori Pubblici, l’avv. Rosario Cancellieri. La costruzione poté essere appaltata solo dopo un energico intervento del sindaco Giombattista Jacono, subentrato a Scrofani nel 1868, che finanziò l’opera integralmente a carico del bilancio comunale, imponendo anche una soprattassa sui generi alimentari.
I lavori, ammontanti a una spesa complessiva di £. 94562, furono divisi in due parti (interna ed esterna), appaltate entrambe all’impresa Pluchino di Ragusa (agosto e ottobre 1871). Sciolto dal governo il Consiglio nel 1874 per le conseguenze del processo Pancari4, nel 1876 fu designato sindaco Giovanni Leni Spadafora, che si occupò – tra le altre cose – di ultimare l’edificio. Il teatro fu completato entro il febbraio 1877 e fu inaugurato il 10 giugno 1877, con l’opera La forza del destino di Giuseppe Verdi.
L’attuale teatro è il frutto pertanto di numerosi tecnici, mastri e artisti. Tra essi ricordiamo:

  1. il progettista, l’architetto Giuseppe Di Bartolo Morselli (1815-1865), di Terranova (oggi Gela);
  2. il direttore dei lavori, l’ing. Giuseppe Mazzarella, Ingegnere Capo del Reale Genio Civile di Siracusa, il quale trasformò radicalmente il progetto nelle opere interne, nei materiali, nella volumetria, nei servizi e persino nel prospetto. Del progetto originario del Morselli rimane solo lo splendido prospetto (tranne la gradinata di accesso, che è intuizione di Mazzarella);
  3. il progettista del “macchinismo”, delle sedie e delle indorature fu l’ingegnere Fortunato Querian.
    Poi soprattutto i seguenti artisti:
  4. lo scultore Corrado Leone di Ragusa Ibla (Barone, pag. 89) scolpì le statue e i medaglioni;
  5. il pittore Giuseppe Mazzone di Vittoria, autore dei dipinti nelle volte e dei lati del proscenio (vedi oltre);
  6. l’indoratore Cesare Cappellani di Palazzolo Acreide (ma residente a Chiaramonte) eseguì le indorature;
  7. Pasquale Subba da Messina disegnò il sipario5 e le scenografie;

Emanuele La Scala e Salvatore Benvissuto di Vittoria rifinirono a lucido e a stucco il vestibolo, Emanuele Zago di Comiso, fabbro, costruì n. 160 sedie in ferro.

Tra gli amministratori, si occuparono della costruzione del teatro:

  1. Francesco Salesio Scrofani (1807-1875), come Primo Giurato nel 1860 e come sindaco dal 1861 al 1868;
  2. Rosario Cancellieri (1825-1896), come assessore comunale dal 1861 al 1867;
  3. Giombattista Iacono (1825-1893), sindaco dal 1868 al 1874;
  4. Giovanni Leni Spadafora, sindaco dal 1876 al 18786.

A memoria di tutti, in occasione del 130° della apertura e alla fine delle Celebrazione del Quarto Centenario nel vestibolo del teatro, entrando sulla sinistra, fu affissa una lapide recante la seguente iscrizione: «In onore dei sindaci/ Giombattista Jacono/ Giovanni Leni Spadafora/ e di/ Giuseppe Di Bartolo Morselli architetto/ Corrado Leone scultore/ Giuseppe Mazzone pittore/ Cesare Cappellani indoratore/ e di quanti altri/ donarono alla città/questo insigne monumento/ di cultura e di pace/nel 130° anniversario/ della sua inaugurazione/ il Municipio pose/il 10 giugno 2007»7.

Così Giovanna Garretto Sidoti8 descrive il nostro teatro nel 1944: «La facciata si innalza su un’ampia scalea. Essa consta di due parti, la prima a quattro colonne di stile dorico [ma lisce, non scanalate] e, ai lati di essa, due porte ad arco pieno. Al di sopra, un partito architettonico compiuto, che raccorda il tutto alla seconda parte dell’edificio che non è molto dissimile dalla prima: in cambio delle porte ci sono due nicchie con statue, raffiguranti la [danza] e la [musica, rappresentata da un fauno], al di sopra delle nicchie, due medaglioni scolpiti [uno raffigurante Vittoria Alfieri, sulla Danza; l’altro Gioacchino Rossini, sul Fauno]. Le colonne sono, anche qui, quattro ma in stile ionico. Il fregio è ornato dai simboli della musica e della tragedia in bassorilievo. In alto, un rettangolo suddiviso in tre parti da piccoli pilastri e sopra, un altro rettangolo su cui poggiano due statue: Apollo e Diana che hanno ai lati i simboli della musica e della caccia scolpiti a tutto tondo…

Dal pronao, costituito dalle colonne suddette, si passa ad una sala ampia [il vestibolo, con sulla parete destra la lapide dedicata ai costruttori del teatro] per la quale si accede alle scale che portano ai quattro ordini di palchi, tutti di uguale architettura. Il prospetto dei palchi è ornato da stucchi dorati. Nel primo ordine i simboli della musica si alternano con quelli della tragedia; nel secondo, fiori alternati a medaglioni raffiguranti busti di grandi poeti9; nel terzo, sono simboli musicali; nel quarto, i mascheroni si alternano ai simboli della poesia eroica: daghe, frecce e clipei. [Nella loggia a primo piano, cinque medaglioni scolpiti a bassorilievo con i ritratti di Domenico Cimarosa, Dante Alighieri, Vittoria Colonna, Giuseppe Verdi, Giovanni Boccaccio]. Il motivo dei medaglioni più ricco nei riquadri è ripetuto nell’arco scenico. Al centro dell’arco è il simbolo di Vittoria [l’aquila che regge i tralci d’uva]. I vari ordini di palchi sono raccordati tra di loro per mezzo di colonnine doriche. Essi guardano una sala [a ferro di cavallo]…Nell’intercolumnio del boccascena, a sinistra, c’è una figura goldoniana: pensiamo che sia Rosaura per la maschera che porta in mano [la commedia]; a destra una figura alfieriana, in costume greco con elmo e pugnale [la tragedia]. Tra la cornice e la volta, medaglioni pregevoli a pittura, con le figure dei migliori musicisti. Il soffitto è ornato da una danza di amorini e, attorno ad uno sfiatatoio, uno svolazzo di trine poco morbide e dai colori crudi. La decorazione generale della sala [eseguita da Mazzone] è molto uniforme e dà un senso armonico colmo…L’insieme è Neoclassico siciliano, sebbene non manchi l’accenno al Barocco nell’ornamentazione del soffitto e del fregio che orna i medaglioni più alti».

Sulle pitture di Giuseppe Mazzone (1838-1880), vera gloria vittoriese, che dipinse nel 1876 i medaglioni raffiguranti i grandi musicisti10, la volta, il soffitto del vestibolo, le figure del boccascena (la Tragedia e la Commedia), così invece scrive il prof. Alfredo Campo: «Le decorazioni sono rese efficaci da un brillante cromatismo, esuberante nei toni accesi e nella virtuosa resa pittorica, evidenziate da uno straordinario studio luministico e da una mano veloce per l’immediatezza e la sicurezza che richiede il difficoltoso lavoro pittorico-decorativo dei soffitti. Nella volta del teatro, che ritengo sia la parte più interessante delle varie decorazioni, Giuseppe Mazzone ha realizzato una danza intrecciata di amorini e uno svolazzo di trine, dai verdi sgargianti e dalle tonalità violente, che animano la composizione. Lo spazio pittorico è orchestrato da una straordinaria invenzione prospettica, che sembra anticipare studi e soluzioni floreali del Liberty vittoriese, soprattutto per la grazia e l’eleganza della figurazione e per le ardite provocazioni spaziali in cui il rosone merlettato si apre in uno spazio reale e irreale insieme, suggerendo il sogno di una danza di linee intrecciate».

 

 

 

 

NOTE

1] Giuseppe La Barbera, In viaggio con Berenson, in La Provincia di Ragusa 1/2008
2] Salvatore Riga costruì in seguito il teatro e il cimitero di Modica.
3] Il sito prescelto da Riga era in via Menecolo [Bixio] all’angolo con la via Dascone [Garibaldi], accanto all’antica Cancelleria.
4] Due fratelli del sindaco furono accusati di essere i mandanti dell’assassinio (cfr. il mio Il caso Pancari)
5] Il sipario è conservato e speriamo di restaurarlo a breve.
6]Fra tutti, è questo il personaggio che più merita di essere conosciuto. Giovanni Leni Spadafora (nato il 5 giugno 1807) fu uomo politico e letterato. Di lui rimangono una raccolta di Poesie pubblicata a Palermo presso la Tipografia Muratori nel 1844; una novella dal titolo Bianca da Messina (Le Monnier, Firenze 1863); un saggio su Le colpe del Papato. Cenni storici e politici (Barbera, Firenze 1863); un romanzo storico dal titolo La Sicilia all’Undecimo Secolo (Velardi, Vittoria 1878). Decurione dal 1842 al 1847, ripropose nel Decurionato la questione della costruzione del nuovo teatro, contribuendo, si ritiene, a dare il primo incarico all’architetto Salvatore Riga. Presidente del Comitato rivoluzionario del 1848, fu nominato sindaco dal 1853 al 1856 e cercò ancora una volta di avviare la costruzione del nuovo teatro, reincaricando Riga, ma la pratica si bloccò per la questione del sito. Di nuovo Presidente del Comitato cittadino per la Sicurezza, dopo lo sbarco di Garibaldi (1860), lo troviamo consigliere comunale dal maggio 1861, assessore nel 1865 e consigliere comunale quasi ininterrottamente fino al 1875. Zio materno dello sventurato Mario Pancari, dopo essere stato assessore, dal 13 febbraio 1876 fu sindaco della città fino al luglio 1878. In Consiglio con Rosario Cancellieri nel 1879, sarà rieletto nel 1882 e nel maggio 1885. Eletto assessore il 28 ottobre 1885, non poté accettare «l’onorevole mandato» a causa della «di lui tarda età e la salute corrispondente». Continuò però a svolgere il ruolo di consigliere fino al 10 luglio 1888. Non compare più fra gli eletti nel nuovo Consiglio insediato il 30 gennaio 1889. Morì il 23 dicembre 1889.
7] Il contenuto fu da me dettato.
8] Le parole dentro la parentesi quadre sono mie integrazioni o correzioni al testo della Garretto Sidoti.
9] Tra essi, Metastasio, Goldoni, Alfieri
10]Tra essi Cimarosa, Bellini, Verdi, Mercadante, Rossini.

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