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Silvana La Spina

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Silvana La Spina  scrittrice siciliana per vocazione, ma irriducibile entro qualunque etichetta, nasce al Nord e ancora bambina si trasferisce con i genitori a Ramacca, in provincia di Catania, con alcuni periodi trascorsi in provincia di Parma. L’anno di nascita esatto non viene mai riportato dalle biografie online o dalle quarte di copertina dei suoi libri: un vezzo che si aggiunge a una personalità originale e fortissima, barocca e sulfurea, quasi forse più dei romanzi che scrive.
Ex insegnante di lettere, la scrittrice vive oggi soprattutto a Milano e non ama eccessivamente esporsi o parlare di sé, preferendo invece lasciare parlare le sue opere. Una porzione consistente della vita di Silvana bambina, poi adolescente e giovane adulta, si trova tuttavia nel romanzo La continentale (2014), dove un’infanzia e un’identità divise si rivelano in toni alternativamente malinconici, amari, grotteschi o ironici. Proprio per la mescolanza vincente
tra autobiografia e romanzo di formazione, La continentale segna un passaggio decisivo nel percorso di una scrittrice atipica, attiva sin dalla fine degli anni Ottanta. 
La Spina ha rivelato una natura inquieta, dove la scrittura coincide con la sperimentazione tra i generi e diventa uno strumento privilegiato per reagire a una realtà asfittica, opprimente, priva di memoria. L’esordio avviene con il giallo (Morte a Palermo, 1987), genere ripreso con successo nella trilogia dedicata alla commissaria Maria Laura Gangemi.
Non mancano le incursioni nel racconto e i segnali di un rapporto sempre vivo con la Sicilia della mafia, come in L’ultimo treno da Catania (1992) e nel pamphlet ‘impegnato’ La mafia spiegata ai miei figli (2006).
La scrittrice affronta temi che spaziano dalla riflessione meta-letteraria al potere immaginifico della scrittura, sino all’interesse per la figura dell’eroe, ispirata da testi come il Martin Eden di Jack London, considerato “una folgorazione”, perché tratta della storia di un uomo che decide di diventare scrittore e, una volta arrivato, decide di suicidarsi. L’ammirazione per la vitalità della letteratura americana, i cui autori vivono per poi scrivere di quanto hanno vissuto, si
riconosce nella predilezione per il genere del romanzo, all’interno del quale convergono le sue due anime di scrittrice/lettrice, delineate tramite l’abbondanza di riferimenti intertestuali alle letture amate (Thomas Mann, Hermann Melville, Ernest Hemingway, Nathaniel Hawthorne e Charles Dickens, pur restando fondamentali i citati Saramago, Borges e Cervantes).
Il legame tra scrittura e vita trae peraltro sostanza da esperienze autobiografiche tormentate, come l’educazione religiosa ricevuta in collegio dalle suore domenicane di Acireale, dove La Spina ha asserito di aver compreso la reale natura del potere. Lo studio delle religioni, accanto all’educazione cattolica, si riflettono così nella scelta ricorrente di ricostruire storie all’interno di chiese, conventi e monasteri di clausura. L’ibridazione e il nomadismo caratterizzano l’esistenza di Silvana e influenzano anche la sua scrittura e la lingua: come la loro creatrice, anche i personaggi di La Spina sono tormentati, viaggiano molto perché in fuga o perché spinti da un tarlo che li costringe a non accontentarsi.
Anche il luogo e la lingua di La Spina rispecchiano una narrazione poliedrica, mai soddisfatta del proprio percorso creativo. Se Palermo, il suo dialetto e le facce dei suoi abitanti, assumono le atmosfere spesso torbide dei polizieschi sciasciani, già nel fulminante Morte a Palermo e poi attraverso le storie di Maria Laura Gangemi, la ricerca di linguaggi fastosi e di una narrazione che non lascia respiro al lettore emerge chiaramente dai romanzi storici, dove con toni
fantastici e picareschi entra in campo una miriade di caratteri umani e situazioni rocambolesche in cui è facile e piacevole perdersi.
La psicologia di un’epoca coincide con i tratti fisici e comportamentali dei luoghi, ancora prima che dei soggetti umani: ad esempio, città come Catania e Palermo incarnano i traumi, i conflitti e i disagi vissuti dai protagonisti delle storie e, in filigrana, parlano della stessa esperienza di un’autrice in eterna fuga da o ricerca per qualcosa. Come tante altre autrici del Novecento italiano, La Spina è però soprattutto una narratrice di donne, in particolare siciliane.
Attenta alla lezione di Anna Banti ed Elsa Morante, ci restituisce donne che condensano il trauma della Storia. I loro corpi soffrono, combattono, manifestano gli effetti del Potere, uscendo da rappresentazioni stereotipe. L’urgenza del narrare equivale dunque al ruolo centrale dell’universo femminile per raccontare l’umanità nel suo insieme.
(Tratto da enciclopediadelledonne.it)

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