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a) Benefattori

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Box. Benefattori della chiesa tra il 1714 ed il 1748. La posizione degli altari nel 1750.

La chiesa così come la vediamo oggi è il frutto di ben due secoli di interventi. In essa sono visibili l’arte e la mano di artisti locali e “forestieri” del Sette e dell’Ottocento. Protagonista indiscusso della realizzazione dell’interno della chiesa nel Settecento fu don Enrico Ricca, che la esaltò con la sua aggregazione alla Basilica romana di Santa Maria Maggiore e con il culto di San Giovanni Battista, specie dopo la fine della lite giudiziaria con Chiaramonte per il possesso di Boscopiano, a seguito della transazione del 17642 (in quell’occasione fu stampata un’immagine del Santo tra le due città con la scritta Non surrexit major). Ma ben poco si sarebbe fatto senza una pluralità di devoti, che a loro spese permisero l’abbellimento dei singoli altari e dell’intera struttura.

Dai documenti annessi ai riveli del 1714 e del 1748, possiamo seguire, a mo’ di esempio, le numerose donazioni fatte alla chiesa e a singoli altari, cosa che ci consente di individuare alcuni dei “costruttori” del monumento. Tra il 1714 ed il 1748 la Chiesa Madre ricevette 11 case terrane in vari quartieri, ben 11 luoghi di casa nella zona edificabile di nuova espansione del quartiere di San Domenico (area compresa tra l’attuale chiesa di san Paolo e San Giuseppe), 4 m.ra di vigne «ad effectum erogandi pretium in tanta frabica di detta chiesa» e rendite in contanti.

Nel 1748 il rev. don Francesco Aparo, procuratore, dichiara a nome della Chiesa Madre beni urbani (13 case), rusticani (chiuse e terre irrigue) e rendite in denaro per onze 265 ma uscite per onze 500, soprattutto per le feste e il completamento della fabbrica della chiesa stessa. Alla differenza si suppliva con le elemosine del popolo. A questi introiti si aggiungevano quelli finalizzati alle messe di suffragio, che ammontavano ad onze 591 in entrata ed altrettante in uscite3 (tra esse messe fondate da don Vincenzo Sesti, cento anni prima…).
Nella recente opera su San Giovanni4, è pubblicata una pianta della chiesa nel 1750, che ci aiuta a d individuare la posizione degli altari oggetto delle donazioni. Ecco la sequenza dei culti; da sinistra:

  1. di San Francesco di Sales (e San Carlo Borromeo?);
  2. Santa Barbara;
  3. Santa Rosalia e San Giuseppe; Porta detta di Custureri;
  4. San Giacomo (Maggiore Apostolo?);
  5. SS.ma Immacolata;
  6. SS.mo Crocifisso;
  7. SS.mo Salvatore (sulla parete accanto all’ingresso dell’Oratorio); Oratorio del SS.mo Crocifisso; Coro;
  8. Decollazione di San Gio. Batta; ingresso sagrestia con ante-sagrestia [oggi invece è la cappella del SS.mo Sacramento o Sacro Cuore];
  9. Maria SS.ma del Carmelo;
  10. Sant’Antonio di Padua;
  11. Santa Maria Annunziata; Porta;
  12. Maria SS.ma della Mercé;
  13. San Francesco di Paula;
  14. Battistero.

Abbiamo così sistemato le donazioni in base alla posizione degli altari, cominciando da sinistra, dopo l’ingresso:

  1. altare di San Francesco di Sales. Nel 1740 donna Teresa Catalano ved. Terlato, come una degli eredi del defunto sac. don Isidoro Gugliotta, donò case, terre e una rendita per messe davanti all’altare.
  2. altare di San Giacomo. Il 1° marzo 1724 Giacomo Giudice vi fondò una messa quotidiana, da finanziare con le rendite di tre botteghe, un magazzino, quattro case ed una chiusa circondata di muri a secco dell’estensione di salma 1.14 in contrada Cozzo dell’oro, dette per questo in seguito terre della Cappella di San Giacomo, per un capitale complessivo di onze 300 ed una rendita annua di onze 15 (però nel 1748 tali beni non rendevano le onze 15: pertanto la cappellania era stata sospesa…). Giacomo Giudice risulta possedere nel 1714 una merceria, in cui vende saia imperiale.
  3. altare della Beata Concettione o della SS.ma Immacolata. Il 1° maggio 1716 Giacomo Giangreco fondò due messe quotidiane, con una rendita di onze 13.15 fondate su 7 chiuse, un trappeto e una casa, sostituita con due nel 1720.
  4. Cappella del SS.mo Crocifisso (Oratorio della Congregazione). Dopo le donazioni secentesche, dalla documentazione risulta una prima donazione nel 1716, da parte di don Giuseppe Lupo di onza 1.14 su terre a Maritaggi. Lo stesso Lupo ed i mastri Giuseppe Bonaventura e Guglielmo di Falco donano 20 tarì ciascuno (sommano 2 onze) su loro terre, nel 1718, seguiti nel 1724 da Gaetano Cutrone (ma si tratta solo di 12 tarì) e da quella invece assai corposa di don Giuseppe Lucchese, che nel 1726 donò ben 15 onze per una messa quotidiana, impegnando la sua tenuta di Giaganetto con case, mandre, pozzo, alberi etc. in contrada della Marina.
    Nel 1737 m.ro Carmelo Ferrera donò una rendita di tarì 25.10 di censo imposto su sue terre irrigue nella cava di Cammarana ed infine nel 1739 don Angelo Nostrosi donò onze 15 finanziate per 9 onze dalla rendita di tre chiuse in contrada Pasqui, dal censo di onze 3 dovutegli da donna Giovanna Custureri ved. Porcelli ed altre onze 3 di censo dovutogli dagli eredi di don Giovan Battista Cancilleri sulle sue terre a Gisara. Nel 1748, la Cappella del SS.mo Crocifisso dichiara 5 case (di cui una utilizzata come “alloggio de’ poveri” sotto le case di don Giuseppe Lucchese nel q.re di San Giovanni, due botteghe in piazza, rendite di affitti di case, terre e botteghe per un totale di onze 598.17. Le uscite sono rappresentate dalle spese per le messe di suffragio per Girolamo Izzia (donazione 1674), Antonino Salerno e donna Anna Focularo e Leni (per rispettive donazioni del 1680). Paga poi compensi al padre predicatore, al sacrestano e all’organista di San Giovanni, in occasione delle funzioni e solennità; per consumo di cera durante le messe e nella processione del Venerdì Santo («per serviggio de’ fani»). Festeggia inoltre a sue spese il giorno dell’Invenzione della Santa Croce (il 3 maggio), veste un povero ogni anno all’ottava dei defunti (9 novembre), più altre spese varie per l’esposizione del Divinissimo Sacramento, le Quarant’ore, il Corpus Christi e per l’olio della lampada che sta sempre accesa «innanzi il SS.mo Crocifisso». Il totale delle uscite è di onze 594.
  5. Cappella di San Giovanni Battista [Altare Maggiore? o della Decollazione?] A 13 marzo 1724 Item don Blasio Toro fa donatione inrevocabile alla Cappella di S. Gio. Batta fundata dentro questa Matrice Chiesa d’una chiusa di terre…q.ta di Fortuna conf. con chiusa di m.ro Giacomo salerno ed altri…
  6. altare del SS.mo Sagramento (dove?) L’altare (di cui ignoriamo la posizione non essendo citato nel 1750) risulta oggetto di tre donazioni: la prima nel 1724 (una messa fondata da don Francesco Catalano); la seconda nel 1727 a cura del rev. abate arciprete don Desiderio Ricca, di onze 24 finanziate dalle rendite della tenuta Picciuna e due chiuse a Gelati; la terza di Marcantonio Lombardo, di una casa, nel 1734. Nel 1748 l’altare risulta anche proprietario di una chiusa al Bosco di Custureri, del valore di onze 79, la cui rendita serve per l’acquisto dell’olio per la lampada del Divinissimo Sacramento.
  7. altare della Decollazione di San Gio. Batta. Solo una la donazione per questo altare: una rendita di onza 1.6 per messe fondate dal sac. don Claudio Toro, fondata su un giardino in contrada Anguilla, nel 1741.
  8. della Madonna del Carmine o di Santa Maria di Monte Carmelo. Parecchie le donazioni per questo altare. La prima nei documenti risulta quella dei fratelli don Isidoro e don Giuseppe Carlo Occhipinti, che nel 1713 fondarono una messa la settimana con l’elemosina di onze 2 annue da pagarsi sulle rendite di tre chiuse in contrada Mendolilli. Altra donazione nel 1723, di una casa terrana, da parte di tale Pannuzzo ed una terza nel 1730 (una casa), da parte di tale d’Agusta. Giovanni Vasile nel 1737 lasciò per testamento una casa da concedere in affitto e con tale rendita, celebrare messe; Paolo Refuggiato una piccola vigna nel 1742. Nell 1748 la Cappella denuncia entrate (di case e terre) per onze 131 ed uscite per la stessa somma, in grandissima parte spese per messe, festa e cera durante la Novena di Natale
  9. altare di Santo Antonino e San Francesco di Paola5 (oggi altare del SS.mo Cristo alla Colonna). Margherita di Marco, ved. di don Marcello Catania6 ma prima ancora vedova di Filippo Custureri e madre di don Antonino Custureri, dal 1717 barone del Bosco, nel 1709 fondò 4 messe settimanali con una rendita annua di onze 71.8 (rendita al 7% su un capitale di onze 108.17, da pagare su terre di sua proprietà.
  10. di Santa Maria dell’Annuntiata (o dell’Annunciatione, oggi della Sacra Famiglia). Suor Desideria Catalano nel 1716 fondò tre messe settimanali, con un rendita di onze 6 su un giardino in contrada della cava di Cammarana, a conf. con il mulino del qdm. barone don Nicolò Leni e cioè il quarto, quello un tempo detto di Garì; nel 1720 don Gabriele Catalano fondò due messe la settimana, altre due messe nel 1724 ed una quinta nel 1727, tutte finanziate sulle terre dei Surdi.

 


NOTE
2] In quell’occasione fu stampata in varie edizioni un’immagine del Santo in mezzo alle due città, con la scritta «Non surrexit maior Ioanne Baptista. Pro gratia accordii in lite territoriali anno Domini 1764 die 6 et 7 mensis Martii feria tertia quinquagesima et die Cineris».
3] Tra i defunti per cui si celebravano le messe don Vincenzo Sesti.
4] Alfredo Campo, La Basilica di San Giovanni Battista a Vittoria, Edizione Associazione Antea di Vittoria, 2014.
5] In questa fase prima i due santi sono insieme, nel 1750 invece San Francesco di Paola avrà un suo altare, il n. 11, quello prima del Battistero.
6] Secreto nel 1691-1692.

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