sabato, Aprile 27Città di Vittoria
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c) il Museo Diocesano d’Arte Sacra

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Il Museo Diocesano d’Arte Sacra, in via Cavour 51.

Lasciata la chiesa di San Giovanni, proseguendo lungo la via Cavour è possibile visitare il Museo Diocesano, dove sono custoditi i seguenti dipinti:

  1. S. Felice da Cantalice con Madonna1;
  2. Immacolata di Giuseppe Mazzone2 (del 1869);
  3. Transito di Maria, del 1874, dello stesso Mazzone3, forse il suo capolavoro;
  4. Miracolo di S. Giovanni, relativo al miracolo del 18184 (vedi La Barbera), di ignoto pittore locale;
  5. Compianto del Cristo Morto5, dipinto da Campo attribuito al pittore Antonio Mercurio o alla sua scuola, risalente anch’esso ai primi del Settecento;
  6. Altare ligneo, già nell’Oratorio del Crocifisso;
  7. un pezzo d’altare marmoreo intarsiato forse proveniente dalla vecchia Matrice;
  8. un paliotto d’altare rappresentante il Padre Eterno di forma convessa;
  9. una lapide d’accesso alla sepoltura forse dei Confrati del Crocifisso che era posta davanti all’Oratorio da dove fu rimossa durante i lavori del 2000 (ma allora si vide che ormai era lì solo a scopo ornamentale e che non dava più accesso alla fossa dei confrati);
  10. statua in pietra tenera di S. Giovanni Battista che anticamente era in contrada Celle di Betlemme e che secondo La China fu portata nella Chiesa Madre nel 1849, quando iniziarono i lavori di sventramento della collina del Colledoro, per aprire l’attuale via Garibaldi. Completano la collezione pezzi in argento, arredi sacri e vesti sacerdotali e libri antichi (Palmeri).

NOTE

1] Proveniente, secondo Gaetano Bruno, dai Cappuccini perché essendo stato il primo santo dell’Ordine dei Cappuccini in quasi tutte le chiese dell’Ordine si trova un dipinto un affresco o una statua che lo raffigura. La China a pag. 123 parla di un quadro custodito nella cappella della Madonna di Loreto ma dice che rappresenta fra’ Fedele da Vittoria. Del quadro però non c’è traccia ai Cappuccini. E se invece di fra’ Fedele fosse San Felice da Cantelice?  Secondo Gaetano Bruno il quadro citato da La China esiste ancora ed è conservato nel museo dei Cappuccini di Caltagirone, dove è stato rinvenuto e individuato dallo stesso Bruno nel 2015. Per Gaetano Bruno, si tratta della porticina che copriva la statua della Madonna di Loreto durante l’anno per poi essere mostrata ai fedeli alla vigilia della festa; le dimensioni del quadro e la sagoma coincidono perfettamente e addirittura è ancora visibile il foro della chiave. “Grazie a questa citazione di La China – sottolinea Bruno –  oggi sappiamo dell’esistenza di questo quadro che, a mio parere dovrebbe ritornare a Vittoria nel suo altare e non rimanere anonimo a Caltagirone tolto dal suo contesto storico”.
2] Secondo Campo «…il taglio pittorico richiama il linguaggio artistico di Vito D’Anna, riscontrabile nella tela dell’Immacolata da lui realizzata nel 1763 e collocata nella chiesa di San Giorgio a Ragusa Ibla».
3] Originariamente dipinta per San Vito, dove in un inventario del 1834 è registrato un quadro intitolato “Il transito di Maria” che, con un “Transito di San Giuseppe”, ornava l’altare maggiore dedicato alla Madonna del Rosario. Il quadro è l’ennesima conferma della persistenza in zona del culto della Dormizione o Assunzione della Vergine, che aveva nella chiesa di Cammarana un punto di riferimento importante, con nell’altare maggiore un gran quadro con lo stesso soggetto (cfr. Paternò).
4]La storia del miracolo è narrata da La China alle pagg. 243-247. A seguito della salvezza miracolosa di mastro Rosario Piccione, l’arciprete don Giombattista Ventura commissionò il quadro, per mantenere vivo nella memoria l’evento.
5] Così scrive Giovanna Garretto Sidoti: «…La luce, che esulta sovrana sul corpo esangue e sul bianco lenzuolo, si diluisce e illumina tutto il quadro che è notevole per i pregi coloristici e per la grazia attorno al corpo perfetto del Redentore. Una di esse, in ginocchio, bacia una mano al Cristo e, nella flessione del corpo e nell’atto è stupendamente aggraziata. La Madonna volge al cielo gli occhi che esprimono un immenso dolore. Un’altra donna piange e porta un fazzoletto agli occhi per asciugare le lacrime. L’ultima, in veste di monaca, ma dall’espressione insignificante tiene un lembo del lenzuolo. Forse non si pecca di esagerazione, se si paragona la bella grazia di queste donne a quella delle donne del Tiepolo, nel quadro “Madonne e Sante” (Chiesa dei Gesuiti, Venezia). Completano la composizione due angioletti in basso a destra: uno di essi sta vicino al corpo del Cristo, l’altro è intento a guardare gli strumenti del martirio del Dio-Uomo. La volta a botte era decorata da sei grandi medaglioni affrescati da Vito D’Anna (pittore modicano vissuto a metà Settecento), andati distrutti tranne quello dell’Ascensione».

 

 

 

 

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