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b) i Magazzini del Conte

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I Magazzini del Conte già sede dell’Archivio Storico Comunale e in previsione “Granai Culturali”.

Accanto al Castello sorgono i cosiddetti Magazzini del Conte, gli antichi depositi dove si versavano i terraggi, cioè i canoni in frumento, stabiliti in quattro tumoli (53 kg) di frumento per salma di terra (h. 2,79). L’appalto per la loro costruzione è del 6 marzo 1607. Lavori al tetto furono fatti nel 1643 (con 1.000 nuove tegole). Danneggiati dal terremoto del 1693, si dovettero rifare 32 metri lineari di muro a confine da un lato col magazzino scoperto di Giuseppe Cannata, dall’altro col porticale1 cioè con l’atrio interno della casa dello stesso Cannata2.

La Contea risulta nel 1816 ancora proprietaria dei due magazzini accanto al Castello. Secondo La China nel 1832 una parte di essi sarebbe stata assegnata al barone Nicolò Leni di Spadafora, in soddisfazione dei crediti vantati per i prestiti fatti al Conte di Modica sin dal 1816, ma ciò dovette avvenire dopo il 1832, perché ancora nel 1851 nel catasto urbano sono registrati in proprietà al Conte una stanza sopra al n. 2 e un magazzino grande al n. 3, segno appunto che ancora la vendita a Leni non era stata perfezionata. Nel catasto del 1939 invece parte dei magazzini risultano appartenere a tutti gli effetti al dr. Giovanni Leni di Spadafora, suddivisi in varie unità numerate dall’1 al 13 di via Carlo Alberto, con un piano elevato cui si accedeva con una scala esterna, locali in parte affittati per botteghe e per casa d’abitazione. A confine con la valle, erano stati realizzati dei cessi pubblici, con il mantenimento della proprietà comunale. Nel 1954, il sig. Giuseppe Di Vita acquistò sia l’area già usata come cessi pubblici sia gli antichi magazzini, in cui in seguito realizzò un’abitazione.
Nel 1998 la parte dei magazzini che si affacciavano sulla piazza fu acquistata dall’Amministrazione Comunale. Ristrutturati a seguito della legge 433/91, dal 2008 al 2022 nei locali fu sistemato l’Archivio Storico Comunale intitolato al dr. Gianni Ferraro. In seguito, con deliberazione dell’aprile 2022, l’Archivio è stato provvisoriamente spostato in altri locali (precisamente nella Sala Giudice a piano terra dell’ex convento della Grazia), in attesa di una sistemazione definitiva. L’archivio contiene un gran numero di documenti dal 1818 ad oggi, con l’importante fondo del Decurionato, cioè del periodo borbonico (1818-1860), ricco anche di centinaia di manifesti con decreti, proclami e disposizioni varie. Con la stessa deliberazione, i locali sono stati assegnati ad un consorzio di cooperative per la realizzazione di un servizio culturale a favori di minori, con la possibilità di un’ampia ristrutturazione e migliore utilizzazione: appunto i “Granai Culturali”.

 

Box. Dal Monastero di Santa Teresa all’Officina Elettrica Municipale.

Raramente in un unico luogo è condensata tanta storia quanta ne è contenuta nell’area dell’antica Officina Elettrica Municipale, di cui è stata conservata la facciata risalente al 1902 e che prima era occupata dal monastero di Santa Teresa.
Nell’area contigua, di proprietà comunale, all’angolo con la via Del Quarto è ancora visibile un ambiente sotterraneo dell’antica chiesetta di San Giuseppe (già esistente nel 1648), poi annessa al monastero.
L’area circostante risulta sin dall’inizio appartenere alle terre Comuni. Vi sorgeva probabilmente il fondaco di Paolo La Restia (ben 16 ambienti sequestrati al figlio nel 1638) ed almeno due trappeti, come si può leggere in un atto di donazione al convento della Grazia del 16643. Dalla donazione apprendiamo che la chiesa di San Giuseppe aveva un orto, col quale confinavano un fondaco con un trappeto dentro ed un altro trappeto. Alle vicende che portarono alla costruzione del monastero è dedicata un’ampia monografia e ad essa si rinvia4. In sintesi, il monastero fu il risultato di due distinte fondazioni, nate una per lascito testamentario del sac. don Andrea Indovina (1620-1684) e l’altra ad opera di Giuseppe Cannata, originario di Biscari, un ricco e intraprendente gabelloto, proprietario di case ed orto a confine con i Magazzini del Conte.

La fondazione Indovina, nata dopo la morte dell’erede donna Francesca nel 1686, con una dotazione di ben 2.000 onze, era allocata probabilmente nella piazza detta del Mercato (dove nel 1695 sarebbe nata la nuova chiesa di San Giovanni); la fondazione Cannata, nata a fine 1696 nelle case dello stesso Cannata, che confinavano -come si è detto- con i magazzini frumentari. In occasione di una visita del vescovo di Siracusa, si constatò che la fondazione Indovina, pur provvista di ingenti somme, era allocata «in luogo indecente», mentre il Conservatorio di Cannata, sorto nelle case di Cannata sul Piano del Castello e quindi in un luogo ameno, era privo di mezzi sufficienti. Pertanto, con atto del 13 marzo 1707, col consenso dei rispettivi titolari (il barone don Antonino Lorefice, vedovo di donna Francesca, per nome e conto dell’eredità Indovina e don Giuseppe Cannata a nome proprio) si decise di accorpare le due opere pie e di farne una sola sotto titolo di Santa Teresa, costruendo attorno alle case Cannata un nuovo monastero, che nel 1716 ebbe il suo riconoscimento formale. Dell’edificio possediamo la pianta ed il prospetto, pubblicati a cura dell’arch. Giuseppe Areddia (op. cit. pagg. 117-121).

Nei decenni seguenti il monastero ottenne numerosi lasciti e donazioni in case, terre e rendite, fino a raggiungere nel 1748 un capitale di ben 3239 onze. Nel rivelo del 1811, la consistenza della costruzione è calcolata «in n. 40 corpi, o sian officine, additte tutte a serviggio di detto Ven.le Monastero con comodità d’un piccolo luogo d’orto…confinante colla casa del rev. sac. don Mauro Garofalo, con tre strade pubbliche, col precipizio nominato del Timpone». Nel catasto del 1851, il Monastero risulta registrato lungo la via Carcere al n. 4 (magazzino), al n. 5 (chiesa e sagrestia), al n. 6 (a pianterreno due stanze ad uso di parlatoio ed altre otto stanze; al piano superiore 26 stanze divise in quattro corridoi), al n. 7 (due stanze basse), al n. 8 (officina bassa ed orto secco). Nell’elenco delle feste redatto dall’arciprete Ventura (1799-1827), ai primi dell’Ottocento nella chiesa del Monastero di S. Teresa si celebravano le seguenti ricorrenze:

«Nella terza domenica dopo Pasqua si celebra la festa del Patrocinio di S. Giuseppe a spese del Monistero
a 29 settembre: Festa di S. Michele Arcangelo, con vespero e messa cantata, con pochi lumi a spese come sopra…
a 15 ottobre: Festa della Madre S. Teresa a spese come sopra…
a 24 d.o: Festa dell’Archangelo Raffaele, per cui vi sono assegnati tt. ventiquattro dal fu rev. Vic.o Foraneo don Pietro Celestri.
a 25 xbre: Festa della Natività di Nostro Signore si celebra parte con limosina, e parte a spese del Monistero, preceduta dalla Novena, e in seguito dalla Festa della Circoncisione ed Epifania di Nostro Signore
».

Passato insieme con gli altri beni ecclesiastici al Demanio nel 1867 e dallo Stato assegnato in uso al Comune, il monastero e la chiesa furono chiusi5 ed in seguito il complesso fu utilizzato come alloggi per famiglie povere, ospizio di mendicità ed anche per ospitare al primo piano la Tipografia Velardi nel 1876. Rosario Cancellieri lo fece restaurare e lo adibì a botteghe da cui trarre dei fitti6, oltre che per deposito delle vetture postali, che nella piazza avevano la loro stazione.

La svolta per una radicale modifica dell’edificio avvenne però con la scelta fatta nel 1901 di costruire un’Officina Elettrica Municipale, affidandone i lavori alla ditta Storari e Lo Cascio di Milano. La centrale fu inaugurata in pompa magna il 7 settembre 1902, non senza polemiche politiche, ad opera soprattutto di Nannino Terranova, capo del Partito Socialista, che in essa vedeva un lusso per ricchi, mentre la città aveva bisogno di altre strutture (ad esempio un ospedale) per la parte più povera. Nonostante la validità ammodernatrice del progetto (lo sfruttamento dell’energia elettrica ha cambiato la storia dell’umanità), la gestione di una centrale elettrica, come avvenne dappertutto, fu complicata e di difficile cammino. Dopo il 1962, con la nazionalizzazione delle compagnie elettriche, i locali divennero sede dell’Enel.

 

NOTE

1] Nel testo riportato si legge la parola porticato (nel linguaggio comune riferentisi a portone d’ingresso), trascrizione da me corretta in porticale, che era l’atrio o l’ingresso di una casa, secondo un modello che si può ancora oggi vedere nel porticale di Palazzo Pavia, in via Palestro. Il documento è estratto dall’Archivio di Stato Sezione di Modica, vol. 49, doc. XVI, Relazione del 20 aprile 1694.
2] Ritroveremo questo personaggio (un imprenditore originario di Biscari) in occasione della costruzione del Monastero di Santa Teresa (vedi oltre).
3] Mastro Francesco Hodierna, per la riapertura del convento degli Osservanti, abolito dal Pontefice per i fatti del 1650 (vedi oltre), dona «…fundacum cum trappeto intus et diversis domibus terranis et soleratis secus dictum fundacum cum locis prope connexis et pertinentibus ad dictum fundacum situm et positum in hac predicta terra in q.rio Sancti Joseph qf. cum horto dicte Venerabilis Ecclesie Sancti Joseph prope trappetum heredum quondam m.ri Bartoli Siragusa terras communes huius predicte terre et alijs».
4] Paolo Monello-Giuseppe Areddia, Storia e “microstoria”…Quaderni di storia urbanistica 1, Edizioni del Quarto centenario 1607-2007, 2008.
5] Nel 1867 vi risiedevano solo 8 religiose.
6] Orazio Busacca, Effemeridi, pagg. 136-139

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