sabato, Luglio 27Città di Vittoria
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f) San Francesco

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La chiesa di San Francesco di Paola

La Piazza Indipendenza (o cianu ‘i San Franciscu), alla fine di via Rosario Cancellieri, è uno slargo che dolcemente declina verso la via dei Mille, mentre a destra, lungo la via Cacciatori del Tevere, guarda verso il Calvario, che si può ammirare dal centro della piazzetta, ornata da una fontanina in pietra. L’assetto attuale è frutto delle scelte dell’ultimo periodo dell’amministrazione Cancellieri1 (nel novembre 1882, sindaco ff. don Gioacchino Jacono, allora cancellieriano), ma i lavori furono eseguiti nel 1898, al tempo della sindacatura di Salvatore Carfì (la ringhiera in ferro fu montata nel 1900). Come collegamento tra la piazza e la via del Mille, per superare il dislivello fu creata un’ampia scalinata, recentemente intitolata alla poetessa vittoriese Teresa Jacono-Roccadario (1842-1939)2.

Per quanto riguarda la chiesa, secondo la tradizione, sarebbe stata completata nel 17323. Essa ha una bella facciata, che si innalza su una gradinata che domina la piazza. Entrando, a sinistra si incontra un confessionale, poi seguono:

  1. l’altare di San Rocco, con una statua raffigurante il santo con il cane tradizionale;
  2. sulla parete, un grande affresco incorniciato da stucchi, che raffigura il passaggio dello Stretto da parte del Santo che usa come barca il suo mantello, con accanto un impaurito frate; sullo sfondo si ammira la famosa Palazzata di Messina, distrutta dal terremoto del 5 febbraio 1783. L’episodio sarebbe databile al 1464, anno in cui il Santo venne in Sicilia a predicare;
  3. l’altare della Vergine, con una bella statua lignea di Rosario Conservo, artista vittoriese;
  4. il pulpito, recentemente restaurato, forse del XVIII secolo, sopraelevato su tre gradini e separato dalla navata da una balaustra in marmo.
  5. Il coro, con l’altare maggiore, ornato di colonne tortili e al centro la statua in legno e gesso del Santo, del tardo Settecento. Le pareti del coro recano due grandi dipinti e una serie di ovali a metà altezza. Un altro grande dipinto orna il centro della volta dell’abside. I dipinti laterali ritraggono i momenti salienti della vita del Taumaturgo di Paola, nato nel 1416 e morto a Tours in Francia nel 1507 e sono sistemati da sinistra a destra in ordine cronologico. Nella parte sinistra c’è la rappresentazione del riconoscimento della Congregazione eremitica paolana di San Francesco d’Assisi da parte di Papa Sisto IV nel 1474. Al di sopra della porta che immette nella sacrestia, in un bell’ovale, è rappresentato uno dei tanti miracoli attribuiti a San Francesco: una moltiplicazione del pane. In alto, nella stessa direzione, un ovale più piccolo, con il volto del Santo fra angeli. Con bella simmetria, sulla parete destra, è raffigurato l’incontro di Francesco di Paola con il re di Francia Luigi XI, che l’aveva voluto fortemente con sé nel 1483. Sulla porta che immette nell’ambiente dietro l’altare è un ovale che rappresenta il potere di San Francesco sul fuoco, quando immerge le mani in un bacile pieno di carboni ardenti, di fronte ad un incredulo inviato papale. In alto, in un ovale più piccolo è raffigurato il Santo che si allontana da Paola, forse in occasione della sua partenza per la Francia, dove si recò solo per ordine del Papa. Sulla volta del coro, in uno spazio rettangolare, è raffigurata l’Apoteosi di San Francesco. La sobrietà dell’architettura e il ciclo pittorico rendono assai preziosa la chiesa. A prima vista la mano è unica e oserei parlare di un maestro che in assenza di una identificazione potrebbe essere chiamato il “maestro di San Francesco”. In uno dei disegni si legge il nome del dr. don Antonio Cannizzo (personaggio notevole nella Vittoria dell’epoca), probabilmente uno dei benefattori cui dobbiamo le pitture. Scendendo dal coro, sulla sinistra si incontrano:
  6. l’altare del Sacro Cuore con statua;
  7. l’altare del Crocifisso.

Il fonte battesimale completa la struttura. Dalla documentazione inoltre sappiamo che nel 1732 c’era anche un altare dedicato a San Francesco di Sales ed uno alla Madonna del Carmine. Oltre alla grande statua dell’altare maggiore (ornata della fascia dell’ordine cavalleresco di San Gennaro, concessa dal re Ferdinando I delle Due Sicilia tra il 1817 ed il 1820 (La China, pag. 357), la chiesa ospitava anche un’altra statua lignea del Santo, forse secentesca; un olio su tela raffigurante San Michele Arcangelo e i ritratti di Giovanni Varella, Francesco Gatto e Gaetano Busacca, Padri Correttori del Convento dagli anni Trenta agli anni Settanta del Settecento e probabili committenti della decorazione della chiesa. Nei locali di via Cacciatori del Tevere erano custoditi alcuni quadri di San Francesco ed altri santi, certamente del Sei-Settecento.

Secondo quanto riferisce La China, nel 1885 l’interno della chiesa su abbellito di dorature eseguite da Paolo Cappellani, di Palazzolo Acreide, per cura del rettore padre Giombattista Giudice. Sulla chiesa ed il convento (oggi non più esistente: al suo posto un grande spazio utilizzato come campo sportivo e prima come arena cinematografica, vedi oltre) scrissero Paternò e La China e più recentemente io stesso4, di cui faccio un riassunto.

Box. Breve storia dell’ospizio e del convento dei Minimi di San Francesco di Paola

La presenza a Vittoria dei Minimi di San Francesco di Paola si deve alla volontà di un benefattore, Gregorio Melilli di Scicli, che il 2 ottobre 1643 dispose un congruo lascito dopo la sua morte per la costruzione di un convento dell’ordine a Vittoria. In seguito, volle anticipare la realizzazione del suo desiderio, rinnovando con un altro atto notarile stipulato il 18 gennaio 1647 la dotazione di beni per l’edificazione del convento nell’immediato, durante la sua vita. A questo proposito, oltre ai beni che già aveva assegnato alla nuova fabbrica in territorio di Ragusa (contrada Serramenzana e del Ponte) e a Scicli (case nel quartiere dello Scifazzo), volle destinarne altri a Vittoria5.

Gregorio Melilli non visse abbastanza (risulta già deceduto nel 1649) per vedere realizzata la sua opera che però sin da subito, pur essendo ancora in mente Dei, cominciò a raccogliere numerose donazioni. I frati infatti incaricati della realizzazione del convento (tra essi padre Guglielmo Impera nel 1665), nelle more dell’ottenimento dell’autorizzazione, investirono in ulteriori acquisti i denari ereditati6. In base alle normative sull’edificazione dei conventi, e per come aveva disposto lo stesso Melilli, era stato costruito un ospizio (alloggio dei frati, una chiesetta), con almeno due frati incaricati di predicare la necessità della nuova istituzione. Questo ospizio risulta già esistente nel 1671 e secondo Paternò e La China esso sorgeva all’angolo tra le attuali vie Magenta e Ruggero Settimo, ai suoi tempi casa «del Signor Ferdinando Terlato fu Don Eduardo». Ma il lascito di Melilli, pur notevole, non era di per sé sufficiente ad ottenere l’autorizzazione a fondare un convento: occorreva anche la certezza di «un’abbondante elemosina» e del favore della comunità che, come si scrive nella richiesta avanzata alla Congregazione dei Cardinali il 29 gennaio 1676, si era concretizzata con la deliberazione di un contributo di 40 scudi a maestro per una scuola di grammatica, che i frati avrebbero organizzato nel loro convento, per «istruire li figlioli» a leggere e scrivere. Debitamente esaminata, la pratica venne approvata il 20 novembre dello stesso anno, con l’incarico al vescovo di Siracusa di verificare che la grandezza del convento (con la chiesa, il campanile, la sacrestia e soprattutto gli orti) e le risorse bastassero per il numero canonico di 12 frati. Da parte sua, il 3 marzo 1679 l’Università7 provvide ad assegnare a padre Valentino Di Martino8 una salma e due tumoli9 di terra nella contrada di «lo Cozzo chiamato del Calvario nelli Communi vicino, e puoco distanti di questa predetta Terra» perché potesse liberamente «dar principio e fabricare il sito della chiesa sotto titolo di San Francesco di Paola, suo Convento e selva secondo il disegno e pianta fatta d’architetti conforme alla licenza». Caso più unico che raro, conosciamo il nome dell’architetto, che fu mastro Vincenzo Bizzini10. Poco dopo, nel giugno seguente, l’Università si impegnò a dare 20 onze l’anno ai frati, con l’obbligo di aprire e far funzionare una scuola di grammatica. In attesa del nuovo convento, già l’Ospizio aveva dato nome al quartiere che sorgeva intorno, dove nel 1682 risultarono presenti ben 30 case. Iniziata la costruzione, gli Osservanti della Grazia si opposero. La questione finì a Palermo, davanti al Tribunale della Monarchia11, che nel 1682 respinse il ricorso e concesse l’autorizzazione a costruire il convento. Poiché però gli istituti religiosi vivevano anche con gli introiti provenienti da funerali ed elemosine e i Minimi ne usufruivano parecchio, gli Osservanti sollevarono nuovamente eccezione. La questione ancora una volta fu decisa a favore dei Paolotti, nel 1690, quando già nel convento vivevano dodici frati. La devozione popolare nei confronti di San Francesco di Paola si tradusse in numerosi lasciti su case e terre, che arricchirono i Paolotti sempre di più. Costruito il nuovo convento, l’ospizio fu abbandonato ed il quartiere fu chiamato nei decenni seguenti di San Francesco di Paola il vecchio o di San Domenico12. Dalla relazione del duca di Camastra sui danni del terremoto a Vittoria13 non emerge chiaramente se il secondo convento crollato (il primo fu senz’altro quello della Grazia) sia l’Ospizio o il nuovo, seppure in costruzione. In ogni caso, i frati Minimi non avevano problemi di liquidità, amministrando beni del valore di centinaia di onze, con continui incrementi, almeno fino al 1748. Coloro che completarono chiesa e convento furono tre padri correttori: Giovanni Varella (o Guarella) a Vittoria dal 1724, morto a a Messina di peste nel 1743; Francesco Gatto (1705-prima del 1756) e dopo di lui Gaetano Busacca. Nel 1732 nella chiesa fu istituita la Congregazione di San Francesco di Paola, formata da lavoratori della terra, massari e operai (nello stesso anno si formarono quella dei bordonari alla Trinità e quella degli artigiani alla Grazia), con il compito di assistere in punto di morte i fratelli, festeggiare ogni anno il 29 gennaio San Francesco di Sales e di fare questua di frumento e mosto per la confraternita. Dai capitoli, apprendiamo che oltre all’altare di San Francesco di Sales, nella chiesa (ancora incompleta nel 1732) c’era anche un altare dedicato alla Madonna del Carmine.

Padre Francesco Gatto, entrato fra i Minimi di Vittoria nel 1725, divenne Correttore dopo che Giovanni Varella se ne andò da Vittoria e nel 1748 nel convento da lui retto operavano 9 frati (tra essi un Guarella o Varella, di nome Serafino, anch’egli di Milazzo, a Vittoria sin dal 1725). In quell’anno furono dichiarate entrate per 2.130 onze, fra cui 14 onze annuali dall’Università per la scuola di grammatica, oggetto di una lunga disputa perché basata sulla gabella della foglia14 (nulla sappiamo del funzionamento della scuola). Altri documenti del 1762 e del 1768 attestano la grande vitalità economica dell’istituzione, che poté così completare l’interno della chiesa senza problemi, anche probabilmente con il contributo di benefattori, tra cui il dottor Antonio Cannizzo15, come si legge in un ovale dipinto nella volta del coro. Il convento inoltre possedeva all’epoca vaste estensioni di terra: in pratica tutta la zona centrale tra San Francesco e Mendolilli, Fanello fino a San Placido (oggi zona di Piazza Italia). La questione delle “venti onze” con il rifiuto dell’Università di mantenere la scuola di grammatica ed il conseguente ricorso all’autorità viceregia si trascinò fino ai primi dell’Ottocento, superata solo con l’introduzione nel 1818 dell’obbligo per i Comuni di provvedere all’istituzione delle scuole pubbliche.

Come accadde per le altre istituzioni religiose, a seguito delle leggi eversive dell’asse ecclesiastico, nel 1867 anche la chiesa ed il convento di San Francesco di Paola passarono all’Amministrazione del Fondo per il Culto, per essere poi assegnati in uso al Comune. Che già a fine 1868 dovette intervenire a demolire il primo piano del convento, ormai pericolante. Negli anni successivi si intervenne al piano terra, per ricavarne locali da affittare16. Quello che era rimasto dei beni, fu messo all’asta tra il 1869 ed il 1878. La chiesa fu retta dapprima dal sac. Giuseppe Scalone (1878) e poi dal sac. Giombattista Giudice cui dobbiamo le indorature interne (del 1885). Come si è già detto, tutto il quartiere da Piazza Libertà (oggi Sei Martiri) alla via Goito alla Cacciatori del Tevere e Montebello fu sistemato (marciapiedi, livellamenti stradali), con la costruzione della scalinata tra Piazza Indipendenza e via dei Mille, nel 1898-1900, sindaco Salvatore Carfì (1861-1945). Ad oggi ignoriamo quando fu demolito tutto il convento, che già nel 1900 non esisteva più.

Nel 1956 fu istituita la parrocchia di San Francesco di Paola, retta dal sac. don Salvatore Bella (??-1993), comprendente anche la chiesa di San Biagio.

NOTE

1] Dopo le dimissioni per incompatibilità tra la carica di deputato e di sindaco di Cancellieri, l’amministrazione fu retta da Gioacchino Jacono (1851-1929), designato sindaco successivamente.
2] Autrice di versi di buona fattura, di grande sensibilità, ammiratrice della poetessa netina Mariannina Coffa. Recentemente il pronipote Salvatore Palmeri ne ha pubblicato gran parte, in un volume intitolato ”Non canto no per farmi dir virtuosa. Poesie scelte, edite dopo un secolo”, 2022.
3] La China attribuisce la costruzione di chiesa e convento a padre Giovanni Varella, di Milazzo, venuto a Vittoria nel 1727 e morto di peste a Messina nel 1743.
4]Paolo Monello, L’ospizio, il convento e la chiesa di San Francesco di Paola dal 1647 al 1900, Argo 2004.
5]Un grande tenimento di case, consistente in 17 corpi e altre 13 case incomplete, a confine con vie pubbliche da ogni lato, cioè un intero isolato (probabilmente lungo l’attuale via Magenta, tra la via Ruggero Settimo e Garibaldi. Inoltre bovini, suini, muli, 40 salme di seminati in frumento ed orzo in contrada dell’Albanello etc. Da notare il cognome della moglie di Melilli: Bonincontro (di nome Laura), probabilmente parente della moglie di Giulio La Restia, anch’essa una Bonincontro, che portò in dote per complicati passaggi matrimoniali ai principi di Biscari la tenuta di Bonincontro.
6]Altre terre furono acquistate per conto nel costruendo convento in territorio di Ragusa e di Scicli nel 1658 e nel 1665. Altri amministratori di denari contanti appartenenti ai frati a Vittoria risultano essere stati Nicasio Marangio (depositario di 15 onze nel 1651) ed il figlio Francesco, che al momento del suo assassinio nell’ottobre 1671 aveva altre somme dei frati in suo possesso.
7]Cioè il Comune, nella persona del secreto Filippo di Marco e dei giurati Blasio Cannizzo, Damiano Scagliola, Giovanni Marangio e Giacomo Ottaviano.
8]Di Randazzo, professore di Sacra Teologia.
9]Nel gennaio 1680, frate Giovanni Battista Vizzari, considerato che per la costruzione e la selva del convento erano sufficienti solo 6 tumuli, chiese che gli altri 12 tumoli potessero essere dati in gabella a terzi, perché il convento ne traesse rendite per il suo mantenimento.
10]Al momento dell’inizio della costruzione vivevano nell’ospizio tre padri: fra’ Luciano Zappelli di Siracusa, fra’ Michelangelo Acciarito, fra’ Bernardo Romano. Come si è già detto, nell’ospizio funzionava una chiesetta, tanto è vero che Paola Giangreco ved. Corallo (sorella di Vincenzo, Matteo e Giacomo Giangreco) nel 1680 dispose che le si dicessero 30 messe di suffragio davanti all’altare maggiore.
11] In Sicilia, per un discusso privilegio risalente al 1098, il re si considerava legato papale, con il potere esclusivo di amministrare la Chiesa siciliana. La cosiddetta Apostolica Legazia, oggetto di lunghi contrasti tra i viceré (espressione del potere spagnolo) e la Chiesa, fu abolita solo nel 1871.
12]Con il nome di San Domenico si chiamò l’ampio quartiere che dall’attuale via Magenta si estese a poco a poco verso l’attuale via Gaeta.
13]Paolo Monello, Vittoria ed il terremoto del 1693, Utopia Edizioni.
14]Una sorta di i.v.a. odierna che gravava sulle compravendite di frutta e verdura, facendo aumentare i prezzi al consumo, cosa che suscitava l’ostilità degli amministratori e del popolo.
15]Si tratta di persona assai ricca, che nel 1748 dichiara beni per un valore di onze 1162, fra cui una casa in 10 corpi a conf. con case Puglia a Santa Teresa (quindi nell’odierna Piazza Enriquez).
16]Nel rilievo catastale del 1875 è ancora disegnato tutto il convento, così pure nel 1890 (piantina pubblicata da La China), con un cortile interno.

 

 

 

 

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