Camarina viene fondata dai Siracusani agli inizi del VI secolo a.C. (598-597 a.C.) sul fertile promontorio delimitato dai fiumi Ippari e Oanis (oggi Rifriscolaro). Scopo del nuovo insediamento è creare uno sbocco lungo la rotta africana e frenare l’espansione verso sud di Gela, che appena diciotto anni dopo fonderà più a settentrione Agrigento (580 a.C.). Divenuta rapidamente florido centro agricolo e riferimento per i fiorenti traffici commerciali anche dei Siculi dell’entroterra ibleo, la colonia presto entra in conflitto con la città-madre. Sconfitta nel 552 a.C. presso il fiume Irminio, la popolazione camarinese, secondo le fonti, viene esiliata; tuttavia, i dati di scavo attestano una continuità di vita nell’insediamento ininterrotta nell’arco dell’intero VI sec. a.C.
Più tardi rifondata da Gela (492, 461 a.C.), Camarina acquisisce nel corso del V secolo a.C. floridità e prestigio tali, anche in virtù dell’alleanza stretta con Atene in funzione antisiracusana nella guerra del Peloponneso, da acquistare da Siracusa il lontano territorio di Morgantina (424 a.C.). Dopo essere stata sottoposta tra il 405 e il 393 a.C. al dominio punico, vive un altro momento di particolare prosperità alla fine del IV sec. a.C. sotto Timoleonte (339 a.C.) raggiungendo la sua massima espansione urbanistica. Ma già a partire dal III secolo a.C., presa dai Mamertini prima (275 a. C), poi dai Romani (258 a.C.), la città comincia a decadere: fortemente ridotta in dimensioni, sopravvive fino all’età augustea finché in età imperiale e tardoantica è sostituita dalla vicina Caucana come porto di collegamento con Malta e il nord Africa. L’acropoli, però, non conosce abbandoni. Se la frequentazione di età arabo-normanna è testimoniata da rinvenimenti ceramici e numismatici, verosimilmente già in età bizantina i resti del tempio della principale divinità della città, Athena, circondati da sepolture, vengono inglobati nella chiesa dedicata alla Madonna di Cammarana riprodotta da J.-P. Houel alla fine del ’700. L’edificio cristiano, ricolmo degli ex-voto deposti da quanti riuscivano a sfuggire alla furia delle tempeste a cui la baia è di frequente sottoposta, è distrutto da un incendio nel 1837. Quanto sopravvissuto del tempio è riutilizzato a fine ’800 per la costruzione del baglio adibito alla produzione vitivinicola che oggi ospita il Museo.
Lunga vita conosce anche il porto-canale realizzato in età greca con interventi di adattamento della foce dell’Ippari. Fulcro di importanti traffici commerciali fino all’età romana, alimentati anche dalla produzione locale di un vino, il Mesopotamium, particolarmente apprezzato nell’antichità, è usato come caricatore di grano a partire dal tre-quattrocento, e munito nella prima metà del ’500 di una torre di avvistamento a protezione dalle frequenti incursioni piratesche; in particolare, le fonti riferiscono del duro attacco inferto dal pirata Alluccialì alla struttura, nota come “Papallosso”, crollata definitivamente solo nel 1915.
Una nuova fioritura il territorio di Camarina vive, infine, a seguito della fondazione di Vittoria nel 1607, e la promozione della coltura della vite voluta dalla fondatrice della nuova città Vittoria Colonna. Il proliferare dei bagli, di cui la masseria sede del museo è un esempio, e la conseguente abbondanza della produzione vinicola determinano la ripresa delle attività portuali alla foce dell’Ippari con la creazione dello scalo di Scoglitti, centro di un’intensa esportazione vinicola nel Mediterraneo fino all’introduzione, nel 1893, della linea ferroviaria Siracusa-Licata.
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